
Oggi era una giornata splendida a Palermo: sta arrivando la primavera...e che primavera.
Vorrei dire grazie a Enrico Letta per molte cose, ma sembrerei troppo di parte. Non è neanche troppo nascosto il fatto che io sono dalla sua parte. E da tempi non sospetti. Prima che io entrassi in quest'avventura lessi il suo programma: era l'unico che parlava di temi sui quali mi batto da anni. Le politiche per la donna come mezzo per lo sviluppo oltre che di uguaglianza. Oggi mi va di dire un grazie a qualcun'altro. A Veltroni che è stato il sindaco della mia città di adozione per tanti anni e che adesso è il segretario del mio partito. Il motivo mi sta davanti agli occhi tutte le mattine, mentre sfreccio per le strade di Palermo, campeggia su un manifesto del PD. E’ una frase “non chiederti quale partito, ma quale paese”.
L’ho fatta subito mia e la vado ripetendo a tutti quelli che mi guardano con sospetto, con diffidenza quando parlo di politica; l’ho parafrasata in “Non chiedermi quale partito, ma quale Sicilia”. Quale Sicilia vuole la gente della mia terra? Quale Sicilia conosce se non questa’? Come può immaginare qualcosa diverso, come posso io convincerli che è possibile cambiare qualcosa senza essere accusata d’ingenuità?
Vorrei dire grazie a Enrico Letta per molte cose, ma sembrerei troppo di parte. Non è neanche troppo nascosto il fatto che io sono dalla sua parte. E da tempi non sospetti. Prima che io entrassi in quest'avventura lessi il suo programma: era l'unico che parlava di temi sui quali mi batto da anni. Le politiche per la donna come mezzo per lo sviluppo oltre che di uguaglianza. Oggi mi va di dire un grazie a qualcun'altro. A Veltroni che è stato il sindaco della mia città di adozione per tanti anni e che adesso è il segretario del mio partito. Il motivo mi sta davanti agli occhi tutte le mattine, mentre sfreccio per le strade di Palermo, campeggia su un manifesto del PD. E’ una frase “non chiederti quale partito, ma quale paese”.
L’ho fatta subito mia e la vado ripetendo a tutti quelli che mi guardano con sospetto, con diffidenza quando parlo di politica; l’ho parafrasata in “Non chiedermi quale partito, ma quale Sicilia”. Quale Sicilia vuole la gente della mia terra? Quale Sicilia conosce se non questa’? Come può immaginare qualcosa diverso, come posso io convincerli che è possibile cambiare qualcosa senza essere accusata d’ingenuità?
L'ingenuità vi assicuro l'ho persa da anni, però tento di recuperarla quando entro nelle mie classi e mi ritrovo i visi di 25 ragazzini.
Purtroppo o per fortuna ho vissuto sulla mia pelle tanti di quei problemi che oggi riguardano molti che mi sembro quasi una cavia.
Ho vissuto la crisi della Sicilia più povera negli anni 90, dall'osservatorio privilegiato di uno sportello bancario in provincia di agrigento. Ho visto partire più della metà dei giovani di quel paese nel giro di sei anni. Ho visto e vissuto la loro miseria, il loro senso di impotenza. E poi ho deciso anch'io di partire. Ho vissuto il precariato universitario per anni, a Roma, cercando di metetre insieme il pranzo con la cena per "mantenermi" alla ricerca. Vivere lontano da casa per anni, chiedendomi perchè...perchè non posso fare le stesse cose in Sicilia. E adesso sto vivendo forse l'esperienza più dura ma più bella e intensa: la periferia della mia città. Che amo in ogni suo angolo, in ogni sua piazza, in ogni odore e sapore sognati per anni.
Vivere e lavorare in posti come Brancaccio a Palermo, o come immagino che sia Scampìa a Napoli, o altri posti duri del sud, ti cambia. Arrivi convinta di sapere molte cose e già il primo giorno hai il meridiano spostato di qualche centimetro. Mi piacerebbe parlare con altri che fanno le stesse esperienze.
Non si vive a Brancaccio con degli stereotipi. Con quelli non vai da nessuna parte. Ci vivi con una parola un pò fuori moda: con amore. Aiuto che ho scritto?
Beh, vi assicuro che in quel modo riesci a starci. Eccome.
Vedi lo squallore, la povertà, l'ignoranza, come anche la ricchezza sospetta, e vedi soprattutto i ragazzi. Allo sbando, piccoli animali allo sbando. Dopo qualche settimana cambia tutto: perchè prevale quello che viene dal dentro, il sentimento. E insieme la rabbia perchè chiunque di noi insegnanti a Brancaccio vorrebbe fare di più, dare di più e non sa mai come. Perchè pensi con convinzione che è da lì che bisogna iniziare per cambiare.
Vien voglia di smuovere le montagne e ti chiedi: da dove comincio?
Come faccio a insegnare l'onestà e il rispetto a ragazzi che non so nemmeno il contesto che trovano tornati a casa? Anzi lo immagino.
Come posso sospendere per venti giorni un "bullo" , se i bulli sono 25 per classe e cioè tutti? se poi il mio compito è tentare di recuperarli, di tenerli in classe? Dove si inceppa il meccanismo?
La Sicilia per me è quella. E' il desiderio di rompere con le diseguaglianze sempre più forti. E' far nascere il desiderio di diventare medico da grande e non parrucchiera alla mia alunna più somara. E' la gioia di sentire le loro domande quando finalmente rompi il muro della diffidenza.
E' l'ansia di riuscire a convincere i miei ragazzi che c'è un futuro. Non ci sono altre Sicilie per me se non si inizia da loro. Dagli ultimi.
E adesso arriva tutto questo marasma elettorale. Eppure....
Sarà davvero dura eppure sono intimamente contenta, perché quello che era un sogno, cioè vedere correre insieme Rita Borsellino e Anna Finocchiaro per proporre un diverso progetto per il nostro futuro, beh, quel sogno, in questi giorni , in queste ore sta prendendo forma e sostanza: è realtà.
Non è una sfida facile per il nostro partito in Sicilia, lo sappiamo. Eppure la domanda è bellissima. Quale Sicilia? Quando mi dicono: “tanto non cambia niente” io rispondo con due nomi, con due testimonianze, con due volti belli e importanti che riempono d’orgoglio perché significano rigore, pulizia, merito. Che significano anche “donne”.
Quale Sicilia? Intanto posso dire quale Sicilia vorrei per me: vorrei che la mia isola fosse quello che è stata una volta, un punto di riferimento per il mediterraneo. Un modello di tolleranza e di cultura come lo era ai tempi del re Ruggero. Vorrei non essere stata via per 12 anni a “cercar fortuna”, a vivere di precariato universitario con enormi difficoltà in giro per l’Italia per poi tornare. In un giorno non lontano vorrei che fossero altri ragazzi a scegliere la mia terra per viverci, perché nel frattempo è diventata di nuovo accogliente: per viverci appunto e non bella soltanto per trascorrerci le vacanze. Un luogo di fermento e di futuro. Devo crederci nel futuro perché io insegno e quando si insegna si è costretti a vivere per il futuro. Sei costretta e vederlo tutti i giorni il futuro negli occhi dei ragazzi, lo costruisci insieme a loro, gli trasferisci i tuoi sogni se ci riesci e li vedi crescere, soffrire, vivere una vita non facile.
Io insegno in due scuole medie, entrambe portano il nome di due persone che mi hanno cambiato la vita, così come l’hanno cambiata a molti palermitani: don pino puglisi e giovanni falcone. Le ho scelte puntando il dito su una lista: questa e questa. Decisa e senza dubbi. Sono in due quartieri definiti “difficili”. E’ un eufemismo. Stare in una classe oggi è già di per sè difficile, stare nella scuola è ancora più difficile, starci là è una trincea. Però è una sfida bellissima. Ti rendi conto, se davvero ci credi, che due sono i mezzi per poter cambiare le cose: la scuola e la politica. Io li sto scegliendo entrambi e mi sento orgogliosa, per me la politica è questo. Cambiare le cose. Sono giorni pieni di fermento e di speranza e voglio crederci che sia una speranza ben riposta. Non sono un’idealista no. A Brancaccio finisci di esserlo, però ti fai venire le forze per dare esempi, per stimolare, per imporre quando è necessario.
Nell’atrio della mia scuola campeggia una frase “se ognuno fa qualcosa” e la vado ripetendo come una litania, in classe ai miei ragazzi difficili, ai colleghi, quando li vedo avviliti, la ripeto nel partito, in un momento come questo che è ancora di costruzione, di assestamento e invece veniamo subito chiamati a un impegno enorme. In Sicilia ci saranno elezioni nazionali, regionali e provinciali. Una realtà complessa difficilmente prevedibile. Non voglio crederci che tutto sia già scritto. Ci sono dei segnali nella mia isola che cominciano a sentirsi forte e a vedersi chiaro come fari nella notte. Io sono tornata attirata da quei fari dopo 12 anni e non posso non crederci. “Se ognuno fa qualcosa...” Vorrei rompere il muro di diffidenza che ci circonda, che circonda la politica. Proprio come faccio con i miei ragazzi. Capire dal profondo le ragioni di quella diffidenza, prendersene carico, è necessario per poter parlare dritto nella testa di chi hai davanti. Sennò si rischia di non dir nulla.
La parola ha potere se ha un significato, che sia chiaro. Infatti cos’è il fanatismo se non l’obbligo di dare un significato univoco ai termini? La parola è un simbolo che ci fa convivere con i nostri simili. E’ una relazione tra chi parla e chi ascolta quando determina in entrambi una direzione verso un unico contenuto. In quel caso aggrega e crea direzioni comuni. Negli ultimi anni la politica tale capacità di pronunciare parole che abbiano un significato reale – e cioè che comportino fatti, azioni- ha creduto bene di perderla per strada. Non si è stati capaci ad un certo punto di creare una relazione con la gente e di convincerla verso una direzione, sia stata essa anche difficile, ma giusta e sana. Gli effetti del buon governo infatti non sono stati appesi nel palazzo pubblico come a Siena, ma si sono persi in un fiume di parole senza significato. Forse bisognerebbe che la politica ricominciasse a esaminare non solo le statistiche ma anche gli stati d’animo, perché è con quelli che si creano le direzioni comuni.
Adesso più che mai in Sicilia è il momento di trasferire significati e motivazioni per scelte importanti e sarà una battaglia di stati d’animo, ve lo posso assicurare, non solo di promesse di scambio. No, non sarà facile, ma..se ognuno fa qualcosa…
Sarà davvero dura eppure sono intimamente contenta, perché quello che era un sogno, cioè vedere correre insieme Rita Borsellino e Anna Finocchiaro per proporre un diverso progetto per il nostro futuro, beh, quel sogno, in questi giorni , in queste ore sta prendendo forma e sostanza: è realtà.
Non è una sfida facile per il nostro partito in Sicilia, lo sappiamo. Eppure la domanda è bellissima. Quale Sicilia? Quando mi dicono: “tanto non cambia niente” io rispondo con due nomi, con due testimonianze, con due volti belli e importanti che riempono d’orgoglio perché significano rigore, pulizia, merito. Che significano anche “donne”.
Quale Sicilia? Intanto posso dire quale Sicilia vorrei per me: vorrei che la mia isola fosse quello che è stata una volta, un punto di riferimento per il mediterraneo. Un modello di tolleranza e di cultura come lo era ai tempi del re Ruggero. Vorrei non essere stata via per 12 anni a “cercar fortuna”, a vivere di precariato universitario con enormi difficoltà in giro per l’Italia per poi tornare. In un giorno non lontano vorrei che fossero altri ragazzi a scegliere la mia terra per viverci, perché nel frattempo è diventata di nuovo accogliente: per viverci appunto e non bella soltanto per trascorrerci le vacanze. Un luogo di fermento e di futuro. Devo crederci nel futuro perché io insegno e quando si insegna si è costretti a vivere per il futuro. Sei costretta e vederlo tutti i giorni il futuro negli occhi dei ragazzi, lo costruisci insieme a loro, gli trasferisci i tuoi sogni se ci riesci e li vedi crescere, soffrire, vivere una vita non facile.
Io insegno in due scuole medie, entrambe portano il nome di due persone che mi hanno cambiato la vita, così come l’hanno cambiata a molti palermitani: don pino puglisi e giovanni falcone. Le ho scelte puntando il dito su una lista: questa e questa. Decisa e senza dubbi. Sono in due quartieri definiti “difficili”. E’ un eufemismo. Stare in una classe oggi è già di per sè difficile, stare nella scuola è ancora più difficile, starci là è una trincea. Però è una sfida bellissima. Ti rendi conto, se davvero ci credi, che due sono i mezzi per poter cambiare le cose: la scuola e la politica. Io li sto scegliendo entrambi e mi sento orgogliosa, per me la politica è questo. Cambiare le cose. Sono giorni pieni di fermento e di speranza e voglio crederci che sia una speranza ben riposta. Non sono un’idealista no. A Brancaccio finisci di esserlo, però ti fai venire le forze per dare esempi, per stimolare, per imporre quando è necessario.
Nell’atrio della mia scuola campeggia una frase “se ognuno fa qualcosa” e la vado ripetendo come una litania, in classe ai miei ragazzi difficili, ai colleghi, quando li vedo avviliti, la ripeto nel partito, in un momento come questo che è ancora di costruzione, di assestamento e invece veniamo subito chiamati a un impegno enorme. In Sicilia ci saranno elezioni nazionali, regionali e provinciali. Una realtà complessa difficilmente prevedibile. Non voglio crederci che tutto sia già scritto. Ci sono dei segnali nella mia isola che cominciano a sentirsi forte e a vedersi chiaro come fari nella notte. Io sono tornata attirata da quei fari dopo 12 anni e non posso non crederci. “Se ognuno fa qualcosa...” Vorrei rompere il muro di diffidenza che ci circonda, che circonda la politica. Proprio come faccio con i miei ragazzi. Capire dal profondo le ragioni di quella diffidenza, prendersene carico, è necessario per poter parlare dritto nella testa di chi hai davanti. Sennò si rischia di non dir nulla.
La parola ha potere se ha un significato, che sia chiaro. Infatti cos’è il fanatismo se non l’obbligo di dare un significato univoco ai termini? La parola è un simbolo che ci fa convivere con i nostri simili. E’ una relazione tra chi parla e chi ascolta quando determina in entrambi una direzione verso un unico contenuto. In quel caso aggrega e crea direzioni comuni. Negli ultimi anni la politica tale capacità di pronunciare parole che abbiano un significato reale – e cioè che comportino fatti, azioni- ha creduto bene di perderla per strada. Non si è stati capaci ad un certo punto di creare una relazione con la gente e di convincerla verso una direzione, sia stata essa anche difficile, ma giusta e sana. Gli effetti del buon governo infatti non sono stati appesi nel palazzo pubblico come a Siena, ma si sono persi in un fiume di parole senza significato. Forse bisognerebbe che la politica ricominciasse a esaminare non solo le statistiche ma anche gli stati d’animo, perché è con quelli che si creano le direzioni comuni.
Adesso più che mai in Sicilia è il momento di trasferire significati e motivazioni per scelte importanti e sarà una battaglia di stati d’animo, ve lo posso assicurare, non solo di promesse di scambio. No, non sarà facile, ma..se ognuno fa qualcosa…
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